domenica 10 novembre 2013

Rose

  




       158, la somma dei nostri anni.
       Non metà ciascuno, più giovane Elena è favorita.
       Nessuna ricorrenza oggi, giornata come altre.
       Elena è bella.  E' Elena.
       La contentezza di regalarti un fiore.

venerdì 8 novembre 2013

Verifica di un lungo periodo - LA POVERTA' (Q.di L. 77°)

( segue da 76°)


       Ho avuto modo di conoscere il malato nella sua casa e accompagnarlo lungo i mesi di vita che gli restavano. Un rapporto unico e personale tra malato-volontario-familiari.
      
       Differente l'esperienza maturata all'Hospice del Trivulzio: presenti contestualmente 12 - 13 ospiti, ognuno in stanza singola (quasi "comunità inconsapevole" di malati terminali). Il rapporto è condiviso con colleghe/i nell'alternarsi dei turni di servizio dei volontari. L'aspetto che primo mi colpisce quando mi accosto a un malato terminale è il senso di povertà.

       Vedo svanire progressivamente l'autonomia della persona e insinuarsi una rassegnazione sofferta alla dipendenza, nel malato si affievolisce il confronto alla pari con gli altri. E' umiliante chiedere aiuto e affidarsi agli altri anche per le cose e i servizi essenziali, ci si può sentire feriti nel proprio senso del pudore. Si tratta di accettare di essere "mendicanti e grati" senza possibilità di scelta, a chiunque ad ogni livello ti soccorra.

      Il malato chiede di parlare a qualcuno nel tepore dell'ascolto e nella riservatezza del colloquio, chiede un amore che si esprima sollecito e concreto in ogni manifestazione, anche di servizio, di vicinanza materiale e spirituale.

       E' importante capire le parole della "povertà", perciò ripensarle e studiarle, ma io (volontario) ho bisogno di più, di comprendere "le parole del povero" lì, in quel momento, quelle che il mio malato pronuncia.  "Le parole del povero" sono l'incontro con lo sguardo, sono l'ascolto di una voce. Ho bisogno di ascoltare le "sue" parole come risuonano all'interno del suo mondo, dentro l'orizzonte che lo delimita per comprendere se ho risposte sincere, oppure per dirgli che neppure io, come lui,  ho risposta. Bisogno di ascoltare anche le parole non dette che il malato scambia con me nel silenzio della sua persona e nello sconforto, per sopportarle insieme, per poterlo amare di più.

( continua )