martedì 28 febbraio 2012

L'addio agli amici (51° di Q. di L.)

Chiesa illuminata dalle finestre alte. E' primo pomeriggio, oggi quasi novità di primavera. L'altare, candele accese, ombre appena accennate, tutto è nitido e vicino in questa luminosità soffusa.


Sono solo. Anzi, no; un prete cammina a passi lenti, felpati; in preghiera fa più sacro il silenzio. Mancano dieci minuti.

Ora la bara è all'altare. La moglie, i familiari, le persone che attendevano sul sagrato sono entrati, hanno riempito le panche della prima metà della chiesa. Qualcuno, sparso, nella seconda metà. Molti lasciano il posto e si avvicinano alla vedova: chi un abbraccio, un bacio, chi una parola, poi tornano. L'invito del parroco ad aprire il libretto cade nel vuoto e così avviene nei dialoghi della liturgia. Non vedo volti, solo le spalle, la nuca di donne e uomini impietriti. Forse di messa se ne intendono poco, ma molti, molti conoscevano lui !

" Negli anni della sua malattia, nei suoi ultimi mesi tremendi, dove eravate, perché siete fuggiti ? Non chiedetemi di lui quando mi ha detto - sei il solo amico che mi è rimasto -, non del silenzio che ne è seguito. Non so esprimere a voi, amici, l'intensità della richiesta e dell'offerta di amore di un uomo alla fine, della sua capacità inconsapevole di aiutarci a fare chiarezza nella nostra solitudine. Ho amarezza per la società che noi siamo, sani, allegri, e indifferenti al desiderio di amarci, o forse incapaci o timorosi di vederci riflessi nell'altro. Nessun dito puntato, neppure il malato lo ha fatto. Soltanto interrogativi che interpellano noi tutti, spunti su cui riflettere. "

All'uscita il flusso dei "fedeli" incespica in chi vuole accostarsi alla vedova: molti, molti, chi un abbraccio, un bacio, chi una parola.

Tornano le mamme sul sagrato, le nonne ai muretti delle aiuole, le carrozzine, i giochi dei bimbi. Tutto normale, le regole sono rispettate; e io incapace di gridare "L'Annuncio".

domenica 12 febbraio 2012

Rincorrere il tempo ?

Il senso cambia secondo la voce o lo sguardo di chi ti parla.

Network, stampa, discorsi comuni oggi fanno emergere la tensione del vivere, la preoccupazione di non farcela, si è sempre in ritardo, impegni, scadenze..., per molti anche il nulla che accade nell'attesa di ciò che è più necessario, è ansia, è rincorrere il tempo.

Questa inquietudine assilla, modifica le ore scandite dal giorno e dalla notte e il nostro modo di essere e di guardare il mondo; ci toglie il presente, c'è sempre un motivo per rincorrere il tempo.

Ma quanto rimane del "mio" tempo ?

Non offro soluzioni, mi chiedo soltanto se sia possibile trascendere questa situazione malata, riappropriarsi almeno spiritualmente di un presente più alto nel quale ritrovare i valori, ora offesi di giustizia, di dignità.., ritrovarli nel silenzio della nostra anima integri, incontaminati, vivi nonostante gli affronti.

"Rincorrere il tempo", ma anche trovare il coraggio di "Lasciarci accompagnare dal tempo". Sa subito di pace. Accompagnare non è condurre.

Può essere un pensiero che sorprende, difficile da accettare, ma non superficiale. Nessuna contrapposizione, realtà che possono convivere, necessarie l'una all'altra: però se la si accetta, quest'ultima deve trovare spazio interiore di vita, l'importanza e la luce che le spettano.

In un'unica modalità di essere tutte e due ci appartengono, coesistono, l'una più viscerale, è la necessità, l'urgenza di ciò che accade e a cui dobbiamo far fronte, l'altra il respiro alto della vita, la fiducia nel nuovo che sopravviene e non conosciamo, e a cui non vogliamo rinunciare. Il non venir meno alla volontà di esere uomo nella complessità della persona e, se credente, non venir meno alla speranza *" malgrado le apparenze, che la storia umana avrà un destino finale positivo, di bene."

*Gianni Gasparini - Servitium n.198