sabato 21 gennaio 2012

L'accompagnamento mancato ( 50° di Q. di L.)

( Segue da 49° di Q. di L. )





....chiede di più.

Penso al malato: forse vorrebbe incontrare una persona capace di cogliere ciò che egli prova, una persona che stia dalla sua parte, che viva il turbamento per quanto gli accade e porti in la speranza da sempre presente in ogni uomo: che qualcosa in fondo continui. Perciò ti ascolta, ma si chiede chi tu sia autenticamente, come ti poni davanti a ciò che gli succede, il senso del tuo sorriso, della tua quiete; se c'è verità nei tuoi occhi. Ogni volta ti senti inadeguato, eppure ogni volta speri di vedere nel suo volto l'espressione di un bene scambiato, un riflesso di luce.

Anche la sola presenza può dire al malato che qualcuno vuole vivere vicino a lui i momenti di dolore esclusivo, di allontanamento, di solitudine totale; l'esperienza di abbandonare e di essere abbandonati. ( "Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato ? ...Mt.27,46 )

Ho letto "..La speranza di un venerdì Santo, che sa che non conoscerà mai lo scampanio della domenica di Pasqua" (A. Neher), dunque un tempo che non concede preannuncio alcuno della "Festa", che tuttavia avverrà. Penso con affetto alla "mia" malata sconosciuta, forse questo soltanto mi avrebbe chiesto: aiutarla a traghettare, almeno con un filo di speranza, le ultime ore del Venerdì.

sabato 14 gennaio 2012

L'accompagnamento mancato (49° di Quaderno di Lavoro)

Arrivo puntuale al primo incontro. Parcheggio, pochi passi a piedi e sono davanti al civico 51. La porta di ingresso della casa popolare è a vetri: appesa una coccarda argento, sotto un nome e un cognome. Allibito; rileggo, mi avvicino di più, rileggo ancora. Provo dolore, non salgo. A passi lenti ritorno.

Non conosco la malata e da subito mi chiedo perché tanto dispiacere.

Non la conosco ma, come di consueto, prima dell'incontro l'infermiera me ne ha parlato: separata, il figlio 23 anni con grave handicap non mentale (vuole vivere con lei perché papà vive con un'altra), il tumore, le difficoltà economiche. Si ritira col figlio nella casa dei genitori, il vecchio è malato. Una donna morente vive il dolore di figlia che sa, con la sua morte, di rendere amara la vecchiaia dei genitori; di madre che vede il figlio abbandonato e non lo può più aiutare né proteggere; di sposa disillusa.

Lo stato di salute è giunto alla insopportabilità anche delle cose più piccole. Ma la storia di ogni malattia non può mai essere isolata, è un intreccio con quella di tutta la vita.

Vorrei esserci arrivato prima in quella famiglia anche se ancora adesso non so immaginare una soluzione, né le parole da dire.

A volte sono la simpatia o la sensibilità che collimano spontaneamente a rendere piacevole una conversazione, interessi o esperienze comuni, oppure il piacere di intrattenersi ad un certo livello di competenze specifiche o culturali,...secondo la propensione di ciascuno, tutto ciò è importante nell'accompagnamento. Ma l'evento della fine, nel suo approssimarsi chiede di più.

Continua.