sabato 14 gennaio 2012

L'accompagnamento mancato (49° di Quaderno di Lavoro)

Arrivo puntuale al primo incontro. Parcheggio, pochi passi a piedi e sono davanti al civico 51. La porta di ingresso della casa popolare è a vetri: appesa una coccarda argento, sotto un nome e un cognome. Allibito; rileggo, mi avvicino di più, rileggo ancora. Provo dolore, non salgo. A passi lenti ritorno.

Non conosco la malata e da subito mi chiedo perché tanto dispiacere.

Non la conosco ma, come di consueto, prima dell'incontro l'infermiera me ne ha parlato: separata, il figlio 23 anni con grave handicap non mentale (vuole vivere con lei perché papà vive con un'altra), il tumore, le difficoltà economiche. Si ritira col figlio nella casa dei genitori, il vecchio è malato. Una donna morente vive il dolore di figlia che sa, con la sua morte, di rendere amara la vecchiaia dei genitori; di madre che vede il figlio abbandonato e non lo può più aiutare né proteggere; di sposa disillusa.

Lo stato di salute è giunto alla insopportabilità anche delle cose più piccole. Ma la storia di ogni malattia non può mai essere isolata, è un intreccio con quella di tutta la vita.

Vorrei esserci arrivato prima in quella famiglia anche se ancora adesso non so immaginare una soluzione, né le parole da dire.

A volte sono la simpatia o la sensibilità che collimano spontaneamente a rendere piacevole una conversazione, interessi o esperienze comuni, oppure il piacere di intrattenersi ad un certo livello di competenze specifiche o culturali,...secondo la propensione di ciascuno, tutto ciò è importante nell'accompagnamento. Ma l'evento della fine, nel suo approssimarsi chiede di più.

Continua.

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