domenica 24 febbraio 2013

OTTANTANNI





Viaggio unico, ininterrotto. Via che cammini soltanto in salita.

Una frase letta a bordo sentiero s'è scolpita nell'animo, sa di silenzio, di sogni di pace:

 "  Alta via  magnifica terra  "

Ci arrivi portato dai giorni.

Spazi di novità, di lontananze, di presente, di terra che cammini e cielo a portata di mano.

Terra di silenzi e aria sottile, di brezza e vento impetuoso, di sole bruciante e gelo.

Terra che ancora pone domande, terra di attesa del nuovo, attesa essa stessa vita.

Terra di appuntamenti che non avevi fissato, di scadenze.

Terra di stanchezza e di ansia. Terra ostile, terra amica, terra sconosciuta, terra bella da amare; 

di luce intensa e buio. Sentiero obbligato.

Terra dell'ultimo tratto, breve o lunghissimo non sai.

Terra di affetti che ti porti dentro di chi ti vuole bene

e non ti lascia

e non lasci

e non lasci nessuno

neppure chi non conosci, amico dell'umanità tutta.

Terra di separazione anche da te stesso, che chiede umiltà e ti aiuta a diventare umile. Terra a te stesso segnale, terra di confine.

Cammino importante, così differente ad ognuno.

Terra di speranza, di amore e perdono ricevuti da sempre, di contemplazione e di lode, di stupore per la vita ricevuta e la bellezza che attendi.

Terra di Dio con l'uomo, 

non di tutti con Dio

un Dio che ti cerca

                                                                          un Dio che ti ama.




domenica 17 febbraio 2013

Il malato accenna alla fede cristiana (Q. di L. 67°)





       ( segue da 66°)
    
       Le parole del malato, le occasioni concrete dello stare insieme, la presenza dello Spirito suggeriscono al volontario lo spunto da cui iniziare il colloquio, anche se a volte ci si sente incapaci di parlare delle certezze cristiane verso le quali ci avviamo. Ascoltare e parlare apertamente della Fede, della consolazione e delle difficoltà che essa comporta, condividere parole e silenzi, gesti e sguardi, anche questo può essere espressione di annuncio nell'attenzione costante a non superare la soglia che l'altro consente. L'apparente fissità del tempo che leggo sul volto del fratello malato, lo sguardo che non mi abbandona,... rasento ciò che è impossibile dire, le parole si fanno più rade. Mi aiuta il silenzio ( il silenzio condiviso è intesa ), mi aiuta la mia povertà che il malato già conosce, e tutto resta umano e fiducioso in Gesù, il Dio fatto uomo, presente ed eterno.

       Tentare di "vivere nel presente" la presenza e l'amicizia gioiosa di Dio insieme al malato nei limiti imposti dalla sofferenza e non escludere la materialità delle cose che ci circondano; l'esserci, il fare, ciò che accade di consueto e di straordinario, tutto  ascolti quasi a conciliare il tempo e l'eterno. Non è negare attenzione al tempo futuro, né astrazione o assenza o estraneità, non è separazione tra corpo e spirito, non eccezionalità ma semplice visione cristiana della vita; è preghiera a vivere l'unicità totalizzante della Fede nel momento in cui ogni evento accade: il presente, tempo in cui la "speranza certa" illumina l'incognita umana del dopo.

mercoledì 6 febbraio 2013

Il malato accenna alla fede cristiana (Q. di L. 66°)






       Vorrei contrastare la convinzione abbastanza diffusa di pensare il malato "verso la fine" come persona ormai inerme, non più in grado di ragionare validamente e decidere. L'espressione " Ormai non c'è più niente da fare", può esprimere l'atteggiamento anche inconsapevole, di un abbandono precoce, nulla può più accadere di nuovo nella vita del malato, anche Dio tace , unica la morte viene e tutto livella. Forse non ci si rende conto che ci troviamo davanti una persona viva che abbiamo già abbandonato, è viva e insieme non lo è più. Ma questo probabilmente dipende soltanto dall'errore di valutazione di chi non conosce quanto siano importanti e densi di vita i momenti verso la fine. Può accadere di incontrare una vivacità intellettuale e spirituale inattese, una fede e una testimonianza che il volontario ascolta attentamente per cogliere l'approccio personale con cui il malato vive la sua fede, quali sono i suoi riferimenti, la sensibilità, l'esperienza, la preghiera. Anche il malato "verso la fine" può vivere angosce, conflitti, dubbi, desideri, ripensamenti ed è ancora capace di libertà e di scelta. Sta compiendo un cammino mai progettato e si trova prossimo a un passaggio che dovrà accettare. La mente e l'animo, pur non ancora separati dalle persone e dalle cose, poco alla volta si rivolgono a Dio soltanto: la vita e la morte che ora il malato sta vivendo sono dentro l'amore con cui Dio la ha pensato da sempre.
       Una testimonianza vissuta sul filo della vita e della morte possiamo leggerla nelle pagine del libro "Il sergente nella neve" in cui l'autore descrive la ritirata di Russia nell'ultimo conlitto, e suppone vicina la sua fine. Stremato, in un procedere ormai quasi per inerzia, il passo che affonda nella steppa bianca, Rigoni Stern con le forze che gli restano ripete a cadenza, senza interruzione, le sole parole  "....Adesso e nell'ora della nostra morte,....adesso e nell'ora della nostra morte,,,,,adesso e nell'ora della nostra morte,....adesso..e nell'ora.." Il pensiero è rivolto a Dio, implorato nella sensibilità mariana del Sergente; è l'affidarsi a Dio che lo accompagna nel tempo incerto dell'ultimo tratto di marcia verso la "Patria".  (..La mente e l'animo, pur non ancora separati dalle persone e dalle cose, poco alla volta si rivolgono a Dio soltanto..)

Le parole del malato..( segue al 67°)