mercoledì 30 dicembre 2009
Blogger, il mio primo anno
mercoledì 23 dicembre 2009
Scelgo il mio silenzio ( 9° di Quaderno di Lavoro )
- C'è il silenzio fuori e il silenzio dentro di me.
- C'è il silenzio del malato e il silenzio del volontario.
- Il silenzio è condizione per l'ascolto; anche per l'ascolto del silenzio dell'altro.
- Devo attenzione e ascolto al silenzio dell'altro.
- Il silenzio è raramente muto.
- Non sempre le parole dicono più del silenzio.
- Vicino al malato il silenzio non è anonimo, rivela significati, stati d'animo, emozioni.
- Il silenzio si qualifica nel modo in cui lo si vive: accoglienza e comunicazione, indifferenza e rifiuto.
- Quando il silenzio è ascolto, cioè accoglienza, porta già in sé un messaggio di consolazione, di pace .
- Devo imparare ad esprimere il mio silenzio; a cogliere l'attimo nel quale devo tacere.
- Nel silenzio assume importanza lo sguardo.
- Vi è il silenzio delle lunghe pause: il malato si sente a proprio agio nella quiete del volontario.
- Quando il silenzio si fa pesante da sopportare, a volte si dicono parole vuote. Sono parole a rischio, interrompono il silenzio ma lo fanno precipitare nella estraneità del malato.
- Il silenzio che il malato vive come abbandono è contagioso: per qualche attimo anche il volontario ne fa l'esperienza.
- Il silenzio soffocante può indurre a considerare inutile la presenza del volontario, il fallimento del suo esserci, vicino al malato terminale. Ma il silenzio discreto e portato con sofferenza, ospita sempre un messaggio e un segreto: ciò che vorresti donare e che inconsapevolmente esprimi con tutto te stesso, ciò che del tuo silenzio il malato porterà con sé.
- Il silenzio può essere luogo di solitudine, di sofferenza o di disperazione. Ma il silenzio, anche quello del malato, non va temuto a priori. Il silenzio è necessario all'uomo: può essere tempo di comprensione profonda di sé e della vita, consapevolezza di responsabilità, tempo di scelte.
- Maria, nel silenzio, ha "accompagnato" il Figlio morente sulla Croce.
domenica 20 dicembre 2009
Il malato ricorda ( 8° di Quaderno di Lavoro )
mercoledì 11 novembre 2009
Accogliere l'umanità del malato terminale (7° di Quaderno di Lavoro)
venerdì 23 ottobre 2009
L'urlo e il lamento (6° di Quaderno di Lavoro)
mercoledì 14 ottobre 2009
Parlami della tua morte ( termina 5° di Quaderno di Lavoro )
sabato 10 ottobre 2009
Parlami della tua morte (5° di Quaderno di Lavoro)
sabato 26 settembre 2009
Ambulanza ( 4° di Quaderno di Lavoro )
mercoledì 23 settembre 2009
Al mio nipotino
giovedì 17 settembre 2009
Il "ritorno"
Lei, "dottore ..per chiarezza, è questione di mesi!"
"Eh..,di mesi..non si può dire"
Siamo in macchina, quieti sulla strada del ritorno.
"Sai Luigi, quest'estate quando ero a Santa Maria Maggiore, ascoltavo la messa, rito romano naturalmente, e ricordo una frase bellissima nella lettura di un profeta poco noto.
- Israele preparati all'incontro con il tuo Signore - ."
domenica 30 agosto 2009
IL PALCO
giovedì 20 agosto 2009
L'ultimo incontro (termina 3° di Quaderno di Lavoro)
sabato 15 agosto 2009
L'ultimo incontro ( 3° di Quaderno di Lavoro )
venerdì 24 luglio 2009
Incontro un nuovo malato( termina 2° di Quaderno di Lavoro)
A metà dell' estate
lunedì 29 giugno 2009
Incontro un nuovo malato (continua 2° di Quaderno di Lavoro)
mercoledì 17 giugno 2009
Guardare il mondo
domenica 7 giugno 2009
Incontro un nuovo malato (2° di Quaderno di Lavoro)
mercoledì 3 giugno 2009
Bus 90
martedì 26 maggio 2009
L'età della pensione (1° di Quaderno di Lavoro)
Appena varcata la soglia dell'età pensionabile, "il riposo", a volte, si riveste di un fantasma: la possibile inutilità della vita. A tratti l'esperienza conosce lo sconforto: ieri al "centro" delle cose, l'agenda fitta di impegni, la conversazione, gli incontri frequenti, forse un certo "prestigio", ora, solo, tra persone al cui mondo non appartengo più. Altri hanno occupato il mio posto e ne sono divenuti il naturale riferimento. Patisci il ridimensionamento delle attività e delle azioni, delle parole ora prive del peso che manifestavano nella società: resti attonito, devi capire che cosa rincorri, che cosa ti è sfuggito di mano. Vorresti ancora agire, fare, invece è l'immobilità,il disorientamento, la noia. L'età della pensione insomma, può farci rischiare lo spavento del vuoto, e non sempre è facile pensare che il vuoto attende da te d'essere colmato. Ti rendi conto che non puoi venire a patti: gli svaghi, lo sport, la cultura, gli hobby, i lavoretti utili, prima devi andare alla radice poi tutto può essere accettato e vissuto positivamente.
domenica 24 maggio 2009
Pensieri estranei
- dico al vigile "non ho trovato copia del verbale sotto il tergicristallo.."
- " L'avranno rubata, sa i ragazzini,...del resto non siamo obbligati."
- " ma almeno un avviso al domicilio per poter controllare subito, a distanza ragionevole di tempo.."
- " Signore, non siamo obbligati."
- "...nessun testimone.."
- " Signore è la Legge, non siamo obbligati."
- dico un po' sfiduciato " allora teoricamente potete inviare multe a volontà, noi non possiamo dire niente e dobbiamo solo pagare !"
- Mi guarda, si stringe nelle spalle e in tono bonario..."in certo senso si.."
- "70 euro, posso pagare qui ?"
- "No al piano di sotto, la cassa è aperta sino alle 16,30."
- "Grazie, buongiorno."
- non penso a un senso di colpa, forse per consolare la mia perplessità "..sa, la Legge è Legge.."
Perfetto, è la verità.
E adesso, perché mi viene in mente Alfano ?
mercoledì 13 maggio 2009
Fatti di ieri e di oggi
domenica 10 maggio 2009
QUADERNO DI LAVORO
venerdì 8 maggio 2009
Presentazione del QUADERNO di LAVORO
giovedì 30 aprile 2009
Due sguardi
L'ultima degli otto. Capita a volte che ci fissiamo, lei in silenzio, le parlo. Nel suo silenzio, nel suo sguardo la maestà inconfutabile dell'innocenza, non c'è timore, "non può accadere che l'amore si interrompa".
Scintilla,è il nome segreto tra lei e me da quando era piccolissima, ma ancora non lo conosce, è un folletto di vita, di novità, qualche riserva per la schiena dei nonni. Scintilla, sino a sfinirti, fino a sperare un po' di riposo e appena partita a sperare di riaverla presto. Improvvisamente lascia i giochi, corre, si abbarbica alle mie gambe: poche coccole poi via di nuovo, ma è sempre il suo sguardo a imprigionare.
Occhi belli, invincibili, spalancati all'innocenza, mi fissano sereni. Lo sguardo limpido di una bambina non inizia nei suoi occhi e neppure si esaurisce nei tuoi, viene da e va oltre. Ogni volta è annuncio, richiesta di fedeltà; innamora e disorienta, se sai ascoltarlo da quelle parti è vicino il confine di Dio. Un dono, una speranza che si dilata oltre.
Però fra i riccioli di questi "piccoli angeli" qualche diavoletto, da latte anche lui come i denti, c'è e punge.
L'anno dopo ancora dai nonni per dieci giorni. Luglio in montagna. Un anno in più, è un pochino cambiata. Anche il nonno quest'anno, un po' stanco. In casa un giorno l'ho ripresa, ma ho esagerato nel tono della voce, nella durezza dell'espressione e tutto è accaduto in un lampo.
Si è fatta seria, ho visto i suoi occhi ancora spalancati ma sorpresi, poi dilatarsi increduli e subito contrarsi, farsi piccoli, scuri, occhi spaventati, ormai di paura. Piange forte, giù dalla panca e di corsa dalla nonna. In fondo al corridoio fratellino e nonna in piedi, sorpresi, muti.
Sono allibito, proprio a lei "è accaduto" ciò che "non può accadere" e...proprio io.., ma non ho tempo di pensare a me. A passi calmi in camera, la chiamo con particolare dolcezza, con il suo nome vero, le accarezzo i capelli,...."vieni col nonno a fare un gioco bello ?". Subito fa sì col capo, non piange più e alza la piccola mano a incontrare la mia, e insieme, insieme camminiamo ancora.
Ritagliare quadratini da cartoni di colore diverso, sceglierne uno dalla ciotola e appoggiarlo al foglio bianco e tenerlo fisso con un ditino; la mano libera afferra la lista sottile di scotch che il nonno le porge e incolla. Poi un altro e ancora. Adesso stiamo decidendo che cosa comporre di nuovo, il bosco, il mare, una casa... occhi belli, invincibili, spalancati all'innocenza....un foglio l'ho conservato, è appeso qui al muro vicino alla mia scrivania.
Per mesi ho sofferto. Ho fiducia che Scintilla e fratellino sapranno andare oltre lo sbaglio del nonno.
Non dimentico i "due sguardi", ma è il primo a occuparmi il cuore e l'anima, quello del bene, quello vicino al confine di Dio, è da lì che, ormai adulti, i miei nipotini leggendo queste parole scritte dal nonno, sorrideranno affettuosi.
E dovunque io sia, ci vorremo bene.
lunedì 20 aprile 2009
Settimana Santa
La Settimana Santa pone molte domande esistenziali, tra queste una di base: tu credi ?
Nessuno può rivolgere parola al Signore se non l'ha prima ricevuta da Lui, forse in modo inconsapevole, a volte in un'esperienza più viva. Quando ciò accade mi pongo in ascolto della "mia" preghiera prima di esprimerla, a volte correggo il mio primo pensiero, l'atteggiamento dell'animo, soltanto dopo la presento. E mi domando se posso dirla "mia" o se tutto non sia soltanto presenza, quasi passaggio dello Spirito in ciascuno di noi, nell'animo e nell'intelligenza spirituale di cui ci è stato fatto dono. Resta tuttavia per ognuno il grande spazio della libertà, il discrimine dove contrastare o aderire (fosse soltanto per una fede che non sia solo formale, e che diventa sempre più consapevole nella concretezza del vissuto).
Il richiamo a questa responsabilità di decidere la vita, come una eco alla liturgia lungo il cammino della Settimana Santa, scelta di adesione intima, sincera e libera e perciò vincolante. Scelta inseparabile dall'impegno di fedeltà a Lui, dall'accettazione del suo perdono gratuito.
Tante parole ho ascoltato, da perdizione fino a gloria eterna, ma non è decisione scontata, né facile, e neppure può essere risposta esaustiva ad ogni sofferenza, perché la fede non discende dal dolore, né dalla paura.
In fondo, con parole pacate, di questo si tratta: Un processo pilotato (può accadere anche ai nostri giorni), pareri discordi, inganni, ricatti; comunque un uomo è finito giustiziato, e comunque è finito. Poi all'improvviso il racconto si stravolge, tutto diventa inimmaginabile: è resuscitato ! " e tu, che nel quotidiano del mondo e della tua vita incontri questa contraddizione, l'incomprensibilità di certe esistenze e morti, i grandi scandali, il volume di odio e di rapina di tutto,.....che incontri la capacità di amare e di soffrire e di aiutarsi e di perdonare, di uomini e donne, e di pregare
tu...Credi ?
Ritorna ogni giorno la domanda, anche a chi risponde "si", ed ogni giorno attende risposta.
Gesù, Tu solo puoi dire a ciascuno di noi la verità della sua risposta, da ciascuno di noi accogli ancora la preghiera
"Signore aumenta la nostra fede"
giovedì 9 aprile 2009
Mario Chiesa, 17 anni dopo
Ogni evento, ogni atto esteriore scompare al suo stesso apparire, è passato, eppure qualcosa di invisibile permane in ognuno di noi, ci plasma e nel tempo ci fa ritrovare diversi. La goccia sulla stalagmite scorre e impercettibilmente modifica, scandisce il tempo e crea. Per noi non le gocce, le scelte che operiamo ci modificano, scelta dopo scelta nel bene o nel male (*), ad ogni attimo, scandiscono il tempo e ci modellano come saremo.
Dopo anni per caso ci si rivede. A volte è un abbraccio caldo di gioia, a volte un incontro di occhi che sfidano il viso dell'altro, scrutano le rughe, la stanchezza, il vestito che porti. "Come stai?" e poi nulla. Non scruta se c'è bellezza, gioia sotto le rughe, non coglie un sorriso di fiducia forse nella povertà, dentro il dolore.
Ci si rivede, ma non possiamo illuderci di essere uguali a prima, quel sedimento invisibile si è depositato, siamo mgliori o peggiori, mai uguali.
Il tuo arresto, le tue parole sfrontate, la disonestà pianificata "...qui dobbiamo rubare a manetta...è venuto fuori un casino...non ti preoccupare, ho già trovato la quadra.." (Corriere 2.4.09).
Mi hai dato un grande dolore, mi hai pugnalato la speranza. Di molti, non solo mia. La Legge non ti punirà per questo. E tu ti assolvi ?
In fondo ormai ti volevamo bene. La tua pietra smossa aveva fatto staccare la frana, enorme per l'Italia, l'hanno chiamata "Mani Pulite", ma tu avevi collaborato, restituito il mal tolto, scontato in prigione, insomma eri il simbolo del cittadini riabilitato.
Un altro smarrimento dunque, e tuttavia la speranza ferita non muore ("Più forte della morte è la vita"), io voglio sperare ancora che l'uomo, il mondo, la mia città diventeranno migliori. Potessi però toccare la speranza che si incarna in una pesona, pensarla nello spirito e ammirarla anche negli occhi di un uomo, sentirla viva nella sua voce, in una stretta di mano. In fondo ne hai ancora l'occasione, tu sei un simbolo, e il tempo ti dona ancora la libertà di scegliere il bene o il male, di recuperare il tuo passato nel giudizio che ora ne dai.
Oggi hai mille preoccupazioni, eppure queste non sono divagazioni, non è secondario intrattenersi con sè stessi.
Accusarsi, assolversi ? Davanti a te solo, davanti al Dio in cui credi. Scelta, decisione come tutte, "lascerà in te e in noi qualcosa di invisibile" e ci ritroveremo di nuovo...cambiati.
Ma a tuo favore hai il tempo, quella goccia che cade...e ti sia benefica fratello, ne hai la possibilità, perchè il tempo, se vogliamo, ci è amico.
(*) Custodisci sopra ogni cosa il tuo cuore, fluisce dal cuore la vita (Prov.4, 18-23)
mercoledì 25 marzo 2009
I genitori attendono davanti alla scuola
Da "radio genitori":
Giovannino alla mamma (si riferisce a Elena e me),
- Oggi ho incontrato i nonni di Samuele.
- I nonni quali?
- Quelli che sorridono sempre.
Così ci hanno riferito, la sorpresa divampa in uno scoppio di ilarità, di risa gioiose.
Un bambino gratuitamente ci laurea "Nonni sorridenti"... insolito no? e magnifico!
Caro Giovannino le tue parole sono commoventi per la loro innocenza (questo seduce gli adulti),
ma capaci anche (inconsapevolmente) di ferire chi senza ragione viene escluso. Come sai, Samuele ha altri nonni che però abitano lontano da noi, per questo li incontri di rado e li conosci poco, ma ti assicuro sono tipi allegrissimi e sanno giocare coi bambini. Anche per noi è proprio bello stare in tua compagnia, e ti ringraziamo perché la tua stessa presenza ci aiuta ad essere sereni.
Passa il momento della festa, rimane la quiete dentro. Immagino il parlare serio di un bambino, il tono semplice della sua voce mentre di nuovo pronuncia quelle parole, e tento di capire il dono che abbiamo ricevuto.
Noi tutti insieme, con nonna Tina e nonno Franco, NONNI sempre "a tutto maiuscolo" e sempre cari.
domenica 8 marzo 2009
Ho conosciuto i poveri...
Case Minime, già il nome è evocativo, non Popolari, collocate tra il verde della prima campagna e le ultime costruzioni della città. Poi la metropoli si espande, via le Case Minime, lì condomini nuovi, Casa di Cura, macchine parcheggiate. Ero studente allora. Con gli anni la famiglia, la professione, i trasferi menti. Ma il pensiero degli altri, se vuoi, lo porti con te e le parrocchie sono un ottimo punto di riferimento per incontrarli.
Non più il ghetto di periferia, ora sparsi nelle vie abbandonate della città, in case troppo vecchie anche per il ceto medio-basso, i più fortunati nelle Case Popolari. Spesso una povertà tramandata, economia e cultura dell'ambiente in cui sono vissuti da sempre, a volte caduti in miseria a causa di malattia....
Respiravi aria quasi di condiscendenza a una situazione in atto, un senso di appartenenza, il riconoscersi collocati in un livello che diventava il "loro" e conferiva con la pena identità e dignità.
Oggi non si tratta più di casi isolati, per quanto numerosi. La crisi disegna un orizzonte di poveri, un'onda compatta, paurosa che si innalza.
Anche i volti sono cambiati, lavoratrici e lavoratori con una cultura storica del lavoro e dei diritti costituzionali, laureati e precari, impiegati, insegnanti, operai e dirigenti di aziende, generazioni di donne e uomini tutte più giovani di me, e anche tra loro distanziate nell'età. E più struggente di allora la sofferenza, colti di sorpresa nel vortice della globalizzazione, della tecnologia che seleziona, del mercato e delle borse, percepiscono altrove la loro appartenenza e dignità.
I modelli di adattamento a stili di economia più modesta, vissuti dai poveri di allora, sono inattuabili. La "stufetta" con poca legna e poco carbone, le scale salite faticosamente, il locale unico con i servizi esterni sono solo eccezioni a motivo delle strutture stesse in cui viviamo. Il riscaldamento centralizzato, l'ascensore, i nuovi criteri di concepire e costruire le abitazioni, l'aspirazione lecita a possederle fissano impegni ricorrenti di pagamento, tutto "il mondo del benessere" in cui ci muoviamo fa terra bruciata alle spalle di chi non é in grado di pagare rate condominiali, affitto o scadenze dei mutui. Nell'anonimato dei rapporti burocratici e legali l'iniziativa personale del singolo cittadino mirata a ridimensionare i costi nel suo stesso ambito abitativo è improponibile. Ciò che è contrattualizzato impone il pagamento o l'abbandono. E' la paura della povertà di oggi.
Mi rendo conto di aver considerato il problema della povertà in modo molto parziale, nel suo aspetto più appariscente, anche se grave.
Rileggo un mio scritto di 40 anni fa: mi stupisce, un simile mondo è esistito davvero, così lontano dalla realtà di oggi, a volte così contrastante ? Una verità però rimane: quella marea che si innalza è costituita dall'uomo nella sua singolarità, colpito nella sua vita personale dall'ingiustizia della società, l'uomo che vive il dramma solamente suo e la tentazione di chiudersi nella solitudine o di ricorrere alla violenza. Da qui, come allora il bisogno di stare insieme ma con mentalità nuova, in incontri personali e associati di solidarietà, il bisogno di capire insieme come poter continuare giorno per giorno e in quale modo rialzarci.
Ma come è vissuta dentro l'uomo la Crisi, che cosa ha nel cuore e nel pensiero oltre la rabbia, forse oltre il furore della protesta ? La forza del Diritto, della Dignità Offesa sono sufficienti a indicare la via d'uscita, l'apertura a una concezione di vita che sia novità rispetto al passato ?
La stanza del povero (testo scritto 40 anni fa)
La stanza di un povero non é mai una bella stanza. Una stanza può essere tutta la sua casa. Prende le forme e i colori da una storia: ricordi che non danno allegria. Abbandono, spesso poca scuola alle spalle. La malattia e la miseria non profumano mai, ma lì anche il povero fatica a respirare.
Puoi leggere tante parole, qui e altrove, ma se vuoi capire che cos'è la casa di un povero bussa, ci devi entrare. Entra, non avere paura ! Non passa mai nessuno da quella porta. Forse é per questo che i suoi occhi si illuminano se ci vai, anche se non sempre c'è un sorriso.
Ogni povera stanza ti racconta una storia diversa, di un uomo, una donna che sono arrivati sin lì, ma tutte ti raccontano un po' anche la tua storia. Le cose sono terribili quando si mettono a parlare. La tua storia di quando non c'eri, di quando non sapevi, non pensavi, non avevi capito o non avevi voglia; di quando non facevi del male a nessuno, e via via che si snoda la storia del povero, ascolti la tua...una storia che viene forse da lontano, a secondo dell'età che hai: la rivedi e la vorresti diversa.
Qualcuno si è dato appunta mento nella stanza di un povero; gli hanno portato un boccone. Qualcuno gli ha detto "ricordo questa stanza pulita e ordinata, ma ora sei malato, ci permetti di darti una mano ?"
Ha accettato subito e l'indomani la stanza era aperta a disposizione. Lui però era uscito. Ho visto dei giovani da quelle parti. Qualcuno ha pulito. La stanza ha ritrovato una dignità, quasi un'accoglienza: c'erano persino un lenzuolo e una federa. Lui però non è più tornato da allora.
Un ricovero d'urgenza "per grave stato di de nutrizione", il trasferimento da un ospedale all'altro. Se ne è andato. Abitava qui, nelle vie della nostra parrocchia. Mio Dio, non si esce mai soddisfatti da quelle stanze; hai fatto sì, ma non ti sei occupato abbastanza di lui, non te ne sei accorto in tempo, non hai capito, perché hai aspettato tanto !
Più ti metti a frequentare i poveri e più hai bisogno di farti perdonare da tutti, più hai bisogno di Dio, di silenzio, di lasciar fare a Lui. Da giovane ti "sentivi a posto" per via dell' "opera buona": che il Signore mi perdoni anche questo. Vai semplice mente, proprio come un uomo qualsiasi quale sei, ma quasi sacerdote a motivo di chi ti manda, di chi ti chiama al servizio di un'altra Eucarestia: anche questa ti accoglie sempre, ti insegna, ti consiglia, ti attira inesorabilmente nella Sua Carità.
Ma siamo in pochi. Il povero, se vuoi, ha bisogno di te, ma se non vuoi, siccome è povero sarà sicuro ugualmente nella mano di Dio, anche senza di te. Come Lazzaro. Tu piuttosto, non hai bisogno di lui ? Non pretendere almeno questa volta che ti chieda dei soldi ! Molto di più.
Qualcuno chiede di te: vieni, scendi con noi, ferma per un attimo la tua vita, i tuoi pensieri nella stanza di un povero. Non temere, non ti ringrazierò, nessuno lo farà. Non disturberemo la preghiera, né l'intimità che Dio ti vorrà concedere.
sabato 21 febbraio 2009
Non di Eluana
"..boia, ..cultura della morte... mostruosità disumana... assassinio..." parole che dicono malvagità, esplicita "volontà di arrecare danno", tutte precipitate addosso al signor Englaro e a chi, non rinnegando la fede, poneva domande lecite alla scienza sulla situazione di vita di Eluana, forse ripensava la decisione di Giovanni Paolo II di sospendere per sé le cure, o forse il conforto e lo spavento che può incutere la tecnologia.
Papà (viveva di fede) ormai relegato in una stanzuccia dell'ospedale (1966), a un infermiere che si avvicinava con la siringa, fissandolo gli ha semplicemente detto "..non siate ridicoli!".
Certamente è necessario distinguere le situazioni specifiche dalle impostazioni di carattere generale, riflettere, dialogare, ma con amore. Le parole che ho udito mi hanno disorientato, mi ha amareggiato l'asprezza dei nuovi rapporti. Ancora oggi non so cosa avrei fatto al posto del signor Englaro, non escludo che il dolore debba essere accettato nella vita dell'uomo ( lo accetto con rispetto e con timore) e forse, in chi tenta di avere fede, può fondersi nell'amore (Beati coloro che soffrono..), ma non rinuncio a interrogare la scienza e la tecnologia proprio perché siamo tutti impreparati a governarle moralmente e instillano il dubbio di aver smarrito il senso della morte (e della vita).
E se a papà fosse stato inserito il sondino ?
Non dubito della buona fede di chi ha inteso annunciare "la verità cristiana", Gesù però l'ha sintetizzata dicendo
Io sono la via, la verità, la vita.Allora vedo una verità in fila con noi peccatori al Giordano, una verità che annuncia il Regno mentre perdona, guarisce, consola, a tutti infonde speranza nel salire lei stessa in Croce, e comprendo che non esiste verità separata dall'amore.
Perché chiudersi agli altri, donne e uomini di pensiero non solo scienziati, quando fermi nella stessa fede si confrontano su posizioni divergenti ? La Chiesa nella storia non si é forse ricreduta con grande giovamento su ciò che successivamente ai suoi "primi principi" è apparso poi evidente e non ha intaccato l'essenza della rivelazione ?
L'informazione può fare cultura e spronare un modo di relazionarsi più responsabile nella società, può essere stimolo ad una consapevolezza più matura di fronte alla Fede.
venerdì 30 gennaio 2009
Neve e mare
giovedì 29 gennaio 2009
Due parole sulla canzone di De André
Questa canzone trasmette l'ansia vissuta da Piero, una questione di attimi, pochi per decidere, e Piero non spara o forse un solo colpo. Il nemico é uno come lui, lo distingue la divisa, soltanto qualcosa di esterno. Anche per lui una questione di attimi.
Una continua metafora della vita e della morte, dell'amore e dell'odio che permette come sempre interpretazioni personali. Una composizione dal valore poetico e artistico, descrive temi essenziali proponendoli nell'attualità con potenza incisiva.
Non possiedo una preparazione sufficiente ad affrontarne la critica, tuttavia penso che sarebbe interessante conoscere le differenti interpretazioni che altri possono dare, per scoprire nuovi significati, per gustare più a fondo questa "piccola" opera d'arte.
De André racconta in modo franco, quasi con rabbia il coinvolgimento "obbligato", i condizionamenti, l'aggressività della paura e della morte, una storia tra due soldati: uno lo conosco, ha nome Piero, l'altro rimane sconosciuto, é "in fondo alla valle" nella medesima situazione, diversa soltanto la divisa.
Dunque si parla di fatti immaginati ma concreti con parole coraggiose, con una franchezza che non ho mai avuto occasione di incontrare nelle persone che mi hanno raccontato la loro storia di guerra, della guerra vera combattuta in Africa, in Grecia, in Russia, in Italia, fascista o partigiano...situazioni incredibili, differenti anche secondo la latitudine, paurose..ma nessuno che abbia trovato il coraggio di dirmi "..io ho ucciso".
Una eccezione però é dovuta. Ho conosciuto un ragioniere, dirigente nel settore assicurativo dell'ufficio assunzione rischi industriali, persona che ho sempre stimato, accogliente, affabile, capace ed essenziale nel tratto e nella professione. Ha "fatto la Russia". Muto su questo, impenetrabile, mai pronunciato parola, non un cenno, un lamento,un'allusione, con nessuno. Un silenzio non ostentato, anzi custodito, dignitoso e forte.
Ti guardo e sento affetto per te, e ti ringrazio. Caro amico anch'io non conoscerò "mai" la tua storia di alpino, ma la considerazione che ho di te mi fa pensare che porti nel cuore il peso della tragedia di un popolo che fin da allora non voleva la guerra. Nel tuo silenzio ci sono anch'io, forse siamo molti, anche noi in silenzio, estranei eppure presenti fra quei ricordi che solo tu conosci, insieme perché tutto questo appartiene anche a noi. Poi l'età avanzata aggiunge cose nuove, nuovi modi di sentire e di vivere: il perdono e la speranza.
Rileggo e mi accorgo che non mi hai detto se hai ucciso, forse a nessuno é facile dirlo, ma ora la domanda ha perso interesse. Il tuo silenzio mi ha detto di più.