sabato 26 settembre 2009

Ambulanza ( 4° di Quaderno di Lavoro )

L'ASL richiede un volontario che accompagni all'ospedale una malata. E' mattino, l'ora di punta, e nell'ambulanza scambio le prime parole con la signora Luisa; le fa piacere sentire che portiamo lo stesso nome e abbiamo la stessa età. Ha lineamenti gentili, capelli radi bianchissimi, respira a fatica, l'aspetto è di persona molto dolce. Mi dice della sua malattia, mi parla dei condomini (si conoscono da quando è stato costruito il fabbricato), dice che aveva molti capelli, che vestiva bene. Un filo di voce e un bisogno pressante di intrattenersi con qualcuno. Sa di essere terminale e piange, pensa al marito malato di Alzhaimer. Sono soli. L'autista ha la cortesia di comunicare che inserirà la sirena.
In ospedale la stanza è a cinque letti. Scendo al piano terreno e sbrigo qualche pratica all'accettazione. Le hanno portato il the, lo vuole dolce, ancora più dolce, non so quanti cucchiaini di zucchero. Camminiamo adagio nel corridoio verso il telefono, vestaglia e ciabattine come è uscita di casa, l'equilibrio è incerto. Parla a fatica, eppure è un torrente di parole affettuose che corrono nel filo verso il marito malato, come parlasse a un bambino, mille raccomandazioni; probabilmente inutili. Interrompe e l'accompagno con urgenza ai servizi. Ne esce stravolta, la sorreggo, si aggrappa al mio braccio anche con l'altra mano. A voce bassa qualche parola per sentirci più vicino; il corpo a volte sa alla perfezione come umiliarci.
La signora Luisa dice che ha visto sfumare tutto, salute, bellezza, affetti, si sente tradita dalla vita; eppure la vita non l'ha tradita, semplicemente si sta esaurendo.
Ora è sdraiata sul letto, le tengo la mano. Mi fa un cenno e mi accosto: "Signor Luigi, una volta credevo, ma adesso è troppo", piange. Ci guardiamo in silenzio, una carezza lieve sui capelli bianchi, e un sorriso. "E' tanto stanca, adesso riposi".
E' arrivata l'infermiera, ci salutiamo, la carrozzina si allontana nel corridoio; scendo le scale verso l'uscita. Mi sento addosso la sua sfinitezza, l'angoscia, la nostalgia struggente della sua fede che non ha abbandonato. Ora è il tempo del pianto.
In me, come una eco, le parole di un salmo: "Il Signore è fedele per sempre".

Nessun commento:

Posta un commento