sabato 10 ottobre 2009

Parlami della tua morte (5° di Quaderno di Lavoro)

Chi avvicina questo tipo di volontariato ha occasione di ascoltare molte conferenze sulla morte. Parlano medici, psicologi, volontari, consigliano libri e letture, la morte insomma è qualcosa da analizzare e conoscere perché non deve spaventare. L'oggettività e il distacco, il coinvolgimento controllato marcano il limite professionale: la persona scruta, osserva, analizza il "fatto" vissuto da un altro. Poi con acutezza relaziona, e iniziano i distinguo: la morte, il morire, l'abbandono "anticipato" della vita...qualcosa che appartiene a tutti e a nessuno. Fa parte di un bagaglio di conoscenze indispensabili nella fase di preparazione all'attività del volontario domiciliare. Ho appreso con impegno e spero con senso di responsabilità.
Ma altro è parlare della morte, altro trovarsi a vivere la morte mentre il malato muore, e altro infine, è l'esperienza che il volontario ne porta con sé e rielabora. Il malato che si sente vicino alla morte, a volte pone una domanda imbarazzante, argomento insolito, un po' ostico. Le parole di Mario, nel giugno, erano queste: " Tra poco mi verrà addosso la morte e ho paura. Secondo te, cosa succede, come sarà ?".
Non c'è stato il tempo di ripensare alle conferenze. Ho sentito che gli volevo molto bene e avevo bisogno che le mie parole gli arrivassero al cuore e lì potessero restare, che non scivolassero via. Gli ho aperto semplicemente il mio animo, ho condiviso con lui come io mi pongo davanti alla morte, gli ho parlato insomma della mia morte (non di come morirò), l'ho fatto partecipe delle risposte (di speranza) che io mi ero già dato ( e continuo a scrutare). Sono queste, mi sembra, la domanda e la risposta che al malato preme porre e ascoltare quando parla o chiede della sua morte imminente...."secondo te,.." cioè, in modo più vero "parlami della tua morte, che poi non è domanda tanto stonata, dal momento che anche tu morirai". Domande e risposte parlate a mezzi toni, attinte adagio dall'ascolto e dal silenzio, modulate secondo il momento e il ritmo del malato, meditate e ascoltate anche da chi le le pronunzia. Discorsi abbozzati, rimasti a volte in sospeso, a volte ripresi, oppure qualche accenno soltanto; ma non è l'esame di ciò che sai, non c'è cattedra tra te e lui, è il conforto di non essere soli nel proprio destino, la speranza di poter andare oltre la paura. Discorsi sempre segnati dall'affetto e dalla misura: sempre dalla riservatezza e dal rispetto dello spazio intimo che si deve a ogni scelta.
( segue)

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