lunedì 17 maggio 2010

Colloqui di Fede (16° di Quaderno di Lavoro)

Quando il malato terminale non ha conosciuto prima della malattia la curiosità, il dubbio, la speranza della Fede, c'è imbarazzo a parlare di Dio.
Un uomo si compiace di vedere i giorni scorrere secondo i suoi progetti, tutto è pianificato e fluisce naturalmente, ma forse un pensiero sfugge al controllo, "un cane sciolto": ogni tanto arriva poi sparisce, mai però del tutto, è una presenza in sordina, disturba anche quando è assente.
Qualcuno tenta di ammansire il pensiero della morte con l'adesione formale alla Fede; un illusione accomodante, permette disimpegno accanto a un certo ottimismo, si vive tranquilli. E poi la morte non è qui.
Non è qui, fin quando non si accosta di prepotenza, inattesa; allora ti accorgi che il tuo corpo (che pure ti costituisce) dispone come e quando vuole di te. Allora può capitare di rendersi conto improvvisamente che non si è mai presa sul serio la Fede; il pensiero stesso di Dio può atterrire, nessuna familiarità con Lui, mai pensato, mai invocato. Dio, il Padre sconosciuto appare nelle vesti del giudice. Così, quando il malato lo richiede, avverto un senso di disorientamento, quasi di imbarazzo a parlare di Dio per il sospetto di ricattare un uomo mentre si trova in condizioni estreme, di sollecitare un atto di debolezza, un compromesso. E poi, parlare...di quale Dio? La speranza sottesa può essere il baratto al dolore e alla morte, alla paura di un Dio che vuole essere pagato.
La malattia può diventare occasione di riflessione sulle domande fondamentali della vita, ma la Fede non discende dal dolore né dalla paura, se ne tradirebbero l'annuncio, travisandone l'essenzialità e la purezza dell'origine. Accettare Dio, anche se il suo manifestarsi avviene nei tempi della sofferenza, resta una scelta spirituale, un' adesione al Signore che coinvolge tutto il nostro essere ed esistere. E' realtà spirituale radicata nel cuore: la attraversa il dolore e lo sconforto, la tormenta il dubbio. Quante volte preghiamo o sentiamo pregare perché il malato guarisca, e non guarisce, non soffra, e continua a soffrire, perché la morte interrompa il tempo del dolore, e la vita continua. Ma la Fede, accolta e custodita, è altro, resta salda nella speranza cristiana, in un amore arreso e fiducioso, nel mistero di un Dio che ci salva nella morte, non dalla morte.
E' sempre un'impresa più grande di noi parlare di Dio, è "impossibile", ma noi possiamo narrare di Gesù e tentare di testimoniarlo personalmente. Proprio per Fede so che le parole semplici scambiate con il malato, non sono le sole: Dio ha parole e silenzi che non odo e non conosco, modalità e tempi misteriosi. Dico parole "impossibili" come quelle dell'Annunciazione: chi le può credere? Maria ha creduto all'adempimento di quelle parole, e ci ha donato il Salvatore. Maria, la madre di Dio.

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