giovedì 7 ottobre 2010

Disunione in famiglia (20° di Q. di L.)

E' esperienza consueta conoscere famiglie aperte alla collaborazione tra le persone che le compongono, tutte singolarmente dedite alla cura del malato, pur nella disponibilità concessa dai necessari impegni personali.

Talvolta accade invece di trovarsi in contesti di segno opposto, ed assistere a comportamenti che aggravano la sofferenza del malato: convivenze difficili, voci alterate, parole dure, incomprensioni che neppure la malattia sopisce. Nessun ascolto della sofferenza, persone lontane tra loro e dal malato.

Pur non interferendo nelle conversazioni che si ascoltano, si tenta di alleggerire la tensione distraendo il malato, facendo spazio a un velo di ironia, a una parola di quiete, a un sorriso. In circostanze simili tuttavia, mi pare che la presenza silenziosa del volontario assuma importanza fondamentale. Un silenzio disponibile e forte, che non accetta di essere contaminato dalle liti. Una presenza silenziosa ostinata che vuole porsi ad argine del malato,di fronte a un male che aggrava talvolta drammaticamente il dolore di queste vite.

Impotente silenzio di dissenso, che potrà essere testimonianza di comprensione e di amore nella memoria di chi resta.

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