venerdì 25 marzo 2011

La morte di un uomo dal punto di vista naturale (35° di Q. di L. )

( segue 34°)



* "L'uomo che nasce avrà una fine, perciò possiamo dire che la morte è connaturata all'uomo: l'uomo muore semplicemente perché è vivo e dotato di una vita finita, questa è la causa prima della sua morte. Ma parlare della "connaturalità" della morte, dire cioè che è una necessità della natura, non deve portare a nessuna mistificazione o fraintendimento.

Di fronte alla morte, si sente la necessità di tendere ad un equilibrio esistenziale che eviti da un lato l'insensibilità e la superficialità, e dall'altro la tragedia che segni per sempre in modo deleterio, la nostra vita personale o la vita di chi ci sta accanto.

Chi ha assistito un morente sa che si tratta di un equilibrio non facile, perché è violento l'impatto tra la realtà concreta e partecipata del malato vivo, e l'immediatezza della sua immobilità definitiva, di una quiete estranea, sconosciuta alla vita, che nello spazio di un attimo pervade e sigilla il corpo nel momento stesso in cui si disabita. Improvvisamente si manifesta la grande assenza. E' violenta la morte, anche per la sua inafferrabilità. Ci disorienta, ridimensiona in noi l'importanza delle cose grandi e di quelle piccole, l'importanza di quello che pensiamo di essere, di quello che abbiamo; la morte travolge il tempo e la quotidianità. L'uomo è sgomento al pensiero della morte; sa che gli è richiesta una disponibilità permanente a consegnarsi: non esiste una vita tanto importante o tanto protetta da non poter essere interrotta in ogni momento. Per tutta la vita col pensiero ne rimandiamo l'evento, ma quando sopraggiunge la incontriamo soltanto nel presente, nell'adesso, ora e qui, come non avremmo mai pensato. La morte insomma è tra le realtà che l'uomo non può rifiutare né modificare, non ne conosce e non ne controlla tempi e modalità. Sgomenta perché è la nostra esperienza ultima.

Si resta attoniti, stupiti: dove sono finite le emozioni che l'uomo esprimeva, l'intelligenza, il suo pensiero logico, l'umorismo, la sua personalità...che fine hanno fatto? Perché la morte ha aggredito il corpo, ma l'uomo non è soltanto una realtà biologica. Insomma la morte dovrebbe spiegarsi al di là della scienza, invece sta zitta. Proprio questo silenzio spalanca una finestra sull' "oltre" della morte, su ciò che non si può udire né vedere, e forse è bene essere un frequentatore dell'invisibile, un frequentatore attento però. E' la curiosità di scoprire se nelle cose esista un significato che le trascende, e sia possibile guardare avanti per capire il presente. E' un punto di arrivo obbligato e perciò punto di partenza per la riflessione. Ma la morte tace davvero?

La morte esige una scelta di senso da attribuire alla vita, e l'interpretazione che ognuno da della sua morte, del dopo, dà il senso alla sua vita. In altre parole, se sai per che cosa e per chi morire, sai anche per che cosa e per chi vivere."

Queste affermazioni trovano spazio nella nostra esperienza di volontari domiciliari.

( Continua )

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